6 agosto con Marco Gobetti

Marco Gobetti evoca, con il suo “Teatro di riciclo”, le 130 repliche de “Il nome della rosa” (regia di Leo Muscato, produz. Teatro Stabile Torino, Teatro Stabile Di Genova, Teatro Stabile del Veneto), lo spettacolo cui prese parte e che andò in scena in molti teatri d’Italia nella stagione 2017/18.
Non si tratta di raccontare tutto ciò che in sei mesi di tournée è successo. Non se ne fa insomma un diario.

Cosa evoca dunque, il monologo 130 repliche de IL NOME DELLA ROSA – Teatro di riciclo®?
«Evoca un filo sottile ma dirompente, l’ineffabile prezioso: ciò che mai si sarebbe potuto pensare che potesse accadere. Ciò che incredibilmente è avvenuto e, davvero, non si dovrebbe dire. Perché va ben oltre la storia nota, la verità comune. La verità – insieme alla costruzione del falso che la mina – è uno dei temi portanti de “Il nome della rosa” di Umberto Eco: era inevitabile che, incarnandone la vicenda per 130 repliche, nascessero verità indicibili.
Una verità, in particolare. Che porta pesantemente altrove attori e pubblico: che ci precipita in un contemporaneo sconosciuto, dove lo scibile presente contamina misteriosamente quello dell’antica abbazia. E viceversa. Una verità che mai si dovrebbe dire, appunto. Un sacrosanto, chiarissimo scandalo».
In un gioco di scatole cinesi, la vicenda de Il nome della rosa di Eco si incastra in quella dello spettacolo che l’ha rappresentata e nel suo essere replicato in giro per l’Italia; fra registri comici e tragici, l’enigma fermenta e irrompe nel presente, sino a una scottante rivelazione finale.

Per “teatro di riciclo®” si intende l’azione di un attore tesa a evocare una replica precisa o un insieme di repliche trascorse di uno spettacolo cui abbia preso parte o di cui sia stato spettatore: la vicenda e le immagini dello spettacolo rivivono, così, profondamente contaminate dalla narrazione dei meccanismi teatrali e di tutto ciò che è riconducibile al rapporto tra attori, spazi e pubblici incontrati.

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Rassegna stampa:

La Stampa

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