La rubrica della Luisona-Febbraio

Ahhhh! L’amore

Non vi ho scritto prima perché ero un po’ genata… che non sapevo, siccome non vi vedo, come la pensate voi su San Valentino.

Allora ho preferito aspettare un momento, solo che poi io non sono mica capace di tenermi le cose per me!

Perché tanto lo so, che siete curiosi. Vi ho raccontato dei miei nonni, del Natale, degli agnolotti fatti con mia mamma… lo so, che siete lì che vi chiedete “ma la Luisona un marito non ce l’ha?”. Curiosi come delle caprette!!

Dunque, intanto sarebbero fatti miei. Per cominciare.

Ma comunque, già che siamo entrati in confidenza, tanto vale che vi conti. Allora, non c’ho un marito, ma c’ho un moroso, Berto.Che se sente che lo chiamo così, ci dà un po’ fastidio. Dice che se l’hanno chiamato Umberto, un motivo ci sarà, no? E allora lui vorrebbe che lo chiamassi per intero. Uff. Quante storie. Berto, Umberto, sempre lui è!

Comunque. Col Berto ci parliamo da tanti anni, ormai. Dodici. Eh, ci parliamo! Cos’ho detto di strano? Perché mi guardate così? Come dite voi? Ah, che state insieme? No no, noi non stiamo insieme, ogniduno a casa sua, mica ci siamo sposati! ‘ste manie moderne… poi ci va del tempo, per un matrimonio.E il ristorante, e i fiori, e i vestiti, e poi gli invitati che non puoi invitarli tutti ma devi stare attenta a chi lasci fuori che se no si offende, e parla con il parroco che vuole metterti la cantoria ma a te non ti piace come cantano perché la Bruna e la Ida scriassano come delle galline… come faccio io, a fare tutte ‘ste cose da sola?

Prendi il ristorante, per dire. Mica gli dici cosa vuoi e loro te lo fanno! E vai lì, e leggi tutti i menu, e poi ti fanno assaggiare tutto perché dicono che devi sapere com’è la qualità, ma dopo uno sformatino di caprino con radicchio, una tartare di fassona, una quiche di cardi, un risotto mantecato al barolo i’t capise pì gnente! Finisce che ti propongono il timballo di mais con pesce volante del Baltico e i’t reste belle fregà. All’Angiolina han fatto così, e si è ritrovata con polenta e merluzzo!

Io non le so mica, tutte ‘ste finezze qui. Mica riesco a capire, da sola.

E la pennoira? Dice che anche per la pennoira devi fare un sacco di prove. E i capelli tirati su, e poi giù, e poi lisci, e poi con i risulìn, e coi fiori dentro e senza fiori… son tanto comoda io col mio foulard in testa, quello sì che me li tieni sempre a posto.

E poi non c’ho tempo, è lì la faccenda. E c’ho le galline, e l’orto, e il maiale, e la mucca, e le pecore, e c’ho ancora anche il cavallo… ma quando vado, io, al ristorante, a provare i menu? E a scegliere i fiori? Ma dico io, con tutti quelli che c’è nei campi, tocca proprio andare a prenderne degli altri?

Ah, voi volete sapere perché dovrei farle da sola, perché il Berto… pardon, Umberto! non c’è?

Eh, il Berto fa parte dei cervelli in fuga dall’Italia. Ogiacché. Quando abbiamo iniziato a parlarci, dodici anni fa, lavorava in una botta nel paese qui sotto, poi hanno visto che era in gamba, il mio Berto, allora l’han fatto studiare. Han cominciato a mandarlo prima a Torino, che mi restava via tutta la settimana, ma poi almeno la domenica lo vedevo, ecco. Poi dopo gli hanno detto che siccome era troppo in gamba, lo volevano mandare in Francia. Lui ha detto subito di si, che mia mamma mi ha detto “fa’ tensiùn che Berto prende il volo e a’t salüta, né!”, ma io ci ho risposto che no, che lui andava a lavorare in Francia per mettere da parte i soldi che così poi quando tornava mi sposava.

Adesso sono bele sei anni che viene solo più a Natale e Pasqua, ma cosa volete, quando viene passa tanto tempo con sua mamma che è anziana, ormai… me mi vede, viene a salutarmi, prendiamo il caffè, e mi dice sempre che prima o poi torna, di stare tranquilla che prima o poi torna. E io ci dico di non preoccuparsi, che tanto io c’ho tanto da fare e non ho tempo neanche per la malinconia.

Poi figuratevi adesso col loddaun. Io non ho patito tanto, all’aria aperta non abbiamo preso nessuna malattia. Lui gli hanno dato una casa bella, ormai saranno quattro anni, c’è anche dell’altra gente che abita lì, si capisce che lo trattano bene ma non è che possono proprio dargli un alloggio solo per lui, ecco. Mi dice che c’è delle famiglie, anche dei bimbi piccoli, che non si annoia, ecco. Qualche mese fa gli ho chiesto se poteva farmi una videochiamata (me l’ha detto la figlia dell’Angiolina, che si poteva fare), che volevo vedere com’era ‘sta casa. Allora la figlia dell’Angiolina ha fatto la videochiamata, e finalmente l’ho visto. Sempre bello, il mio Berto. In quel momento li, che lavorava da casa, è arrivato anche uno dei bimbi che mi ha detto che stanno lì, tanto affettuoso, gli è salito in braccio per dargli un bacio. Ma bello, ‘sto bimbo! Risulìn e biondo anche lui, come il Berto. Eh, ma il mio Berto ha sempre avuto un’aria internazionale, è più facile che li trovi in Francia, quelli che gli somigliano a lui, piuttosto che qui nelle valli. Il Berto è rimasto un po’ male, quando sto matòt gli è saltato al collo, ma io ci ho detto che non doveva genassi, che io ero contenta di sapere che gli volevano bene anche lì.

Allora ci ho detto di non preoccuparsi, di fare tutto quello che doveva fare per guadagnare tanti soldi, che tant mi ‘i spetu.

Che tanto c’ho tanto da fare.

Che l’amore è anche questa cosa qui. Tanta passiensa.

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